Stilare liste di obiettivi è un proposito molto nobile, che però il più delle volte ci lascia un senso di delusione – come direbbe mia figlia, è un epic fail annunciato.
E’ facile fare lunghi elenchi di desideri, ma nessuno ci insegna come andrebbero fatti, né ci avverte che abbiamo una innata capacità di sopravvalutarci.
Pensiamo di poter raggiungere X in un tempo Y, senza essere abbastanza realiste – e gentili con noi stesse – per valutare quello che umanamente possiamo realizzare, al netto degli imprevisti, degli impegni, di tutto quello che fa parte delle nostre vite a zig zag.
Quest’anno voglio abbracciare una sfida, ma non di quelle severe a cui mi sottoponevo in passato, dove l’obiettivo era dimostrare a me stessa di essere capace di fare questo e quello, con l’unico risultato di dover alzare l’asticella sempre più su, senza mai riuscire ad essere completamente soddisfatta.
Quest’anno voglio giocare a mettere il mondo a testa in giù, a guardarlo con occhi diversi, a mettere in discussione quello che per molto tempo mi ha accompagnata e ho accettato senza pensare.
Spero che questo post faccia nascere nuove idee e spunti per voi, magari con la stessa voglia di giocare e sfidare le abitudini.
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2019. Uno sguardo nuovo sul vecchio adagio Per avere di più, bisogna fare di più.
Sarà un modo di pensare che proviene dalla scuola (“studia di più, che così hai voti più belli”), dalla famiglia (“studia di più, che così hai voti più belli”) o dal mondo del lavoro (“se vuoi il riconoscimento che pensi di meritare, devi sgobbare”), fatto sta che la mia mente, e forse anche la vostra, funziona su questo modello di causa-effetto da molto tempo.
Come mi ha fatto notare la mia mentor, il nostro pensiero di solito viaggia lungo questo binario:
FARE > AVERE > ESSERE
che tradotto sarebbe: faccio di più (lavoro, fatica, affanni) > così dopo ho di più (riconoscimento? soldi? soddisfazione?) > così dopo posso essere di più (felice? orgogliosa?).
E se provassimo a invertire?
ESSERE > FARE > AVERE
SII felice, soddisfatta, orgogliosa di te > con l’amore che hai per te stessa, FARAI quello che fa bene a te, alla tua anima, alla tua vita > e poi AVRAI quello per cui hai lavorato (… qui ognuna completi i puntini da sè).
La prima volta che ho riflettuto su questo nuovo ordine mi è sembrato niente di più di un giochetto di parole, una trovata un po’ markettara per vendermi un’idea sbucata fuori da chissà dove. Ma era solo la voce della mia resistenza, che salta fuori ogni volta che qualcuno mette in discussione tutto ciò in cui ho creduto per una vita intera.
Questi ‘giochetti’, poi, non si vendono. Si possono ascoltare, rifiutare o lasciare che mettano una pulce nell’orecchio (o un elefante, a seconda).
Il nuovo ordine mette al centro il nostro benessere, il modo che ognuna di noi ha per sentirsi bene: chi seduta sul divano di casa, chi in giro per il mondo, chi davanti a un foglio excel, chi scrivendo poesie.
Scherzi a parte, sono convinta che non ci insegnino abbastanza ad ascoltarci e capire che cosa fa per noi e che cosa, invece, è meglio allontanare.
In aereo, gli assistenti di volo ci insegnano a metterci la mascherina dell’ossigeno prima di occuparci degli altri, poi però nella vita di tutti i giorni ci dimentichiamo che l’amore per noi stesse non vuol dire essere egoiste o dimenticarci degli altri. Corriamo, ci agitiamo, teniamo in piedi mille equilibri, anche se questi consumano le nostre energie e, il più delle volte, ci lasciano insoddisfatte dentro un cerchio che continua a girare a vuoto.
Da piccola ho saputo molto presto che Babbo Natale non esisteva, però le fiabe con il principe che risolveva ogni situazione me le sono lette e rilette e, con grande sollievo del mio cuore, ci ho voluto credere per un bel po’ di tempo.
Ero convinta che, nelle situazioni più dure dove mi sembrava di aver toccato il fondo, qualcuno prima o poi si sarebbe accorto della mia misera condizione e mi avrebbe spronato a prendere un decisione.
L’happy ending di questa storia è che nessuno si è mai presentato alla mia porta, né con la spada, né un destriero. Nessuno mi ha scosso per le spalle, dicendomi che dovevo darmi una mossa e smetterla di perdere tempo o sentirmi in colpa.
L’ho capito bene una decina di anni fa, quando mi sono finalmente decisa a lasciare il lavoro da dipendente che mi aveva reso profondamente infelice per ben 7 anni: mi ci è voluto un po’ per schiarirmi le idee dopo quel periodaccio, ma ho avuto la netta percezione di essermi salvata sull’orlo di un burrone e, da quel giorno, di aver finalmente imparato a tirare il freno prima di arrivare sull’orlo fatidico.
No one is coming. Nessuno arriverà mai a salvarmi.
Me lo ripeto ogni volta che faccio il tagliando alla mia vita. Se c’è qualcosa che non va, sono io la sola a poter (e dover) decidere di fare qualcosa.
Mi piace l’idea di preparare occhi nuovi per il nuovo anno, perché abbiamo tutta la libertà di mantenere il nostro sguardo personale su come viviamo quello che ci sta attorno, e allo stesso tempo rimanere consapevoli che tutto è percezione e, quando non ci piace più, possiamo cambiarla.
Magari all’inizio ci facciamo aiutare da un paio di occhiali (di uno stile e un colore che ci stiano bene, of course!) che, col tempo, potranno diventare parte di noi, nello sguardo nuovo che abbiamo scelto per il pezzo di viaggio che inizieremo a percorrere.
BUON ANNO A TUTTE!
Smack.